Non c’è pace per i masochisti
non contenta della giornata infernale, Scarlett aveva deciso di andarsela a cercare, la catastrofe del giorno. non sarebbe stato un terremoto. non la prima serata della tv generalista. nemmeno un massacro di innocenti. sarebbe stato un pensiero, che sarebbe bastato a farla accartocciare su se stessa come una lettera bruciata dalla rabbia. era tornata a casa e si era sistemata sul divano, con la sua copertina a rombi, sola con una confezione di kleenex alla sua destra e una bottiglia di rum alla sua sinistra. avrebbe trovato davvero un pessimo pensiero con cui travagliare il suo povero animo, quella sera. un pensiero che avrebbe cercato di non vedere più al di là degli occhi bagnati, ma che ogni volta sarebbe tornata a guardare ancora più ingorda di strazio, arruffando i vestiti in cui scalciava, sollevandosi lo scalpo con le dita isteriche. tornando ogni volta a singhiozzare ricurva, ogni volta a ridere un sorriso insano. abbassando la guardia spavalda si batteva il petto davanti a quel dolore che le strizzava il cuore. ogni volta che riapriva gli occhi per guardare quel pensiero, quel rivolo di sangue che scorreva caldo verso il ventre, aggiungeva il particolare raccapricciante e insopportabile che glieli avrebbe fatti richiudere di colpo, atterriti dalla crudezza della sua immaginazione perversa, della realtà malvagia. e poi glieli avrebbe fatti riaprire di scatto, per la malsana curiosità di dire”chissà quanto fa davvero male? chissà quanto posso davvero sopportare?”. poi un altro dettaglio. e poi un’altro ancora. finchè non avrebbe goduto il male che quel peniero le causava, con la grandezza d’animo di una persona poeticamente tormentata. poeticamente afflitta. poeticamente merda. ma indegnamente infelice nella realtà.
