Fan Factory (fanno dei toys fantastici!!! andate a vedere) Erotic Toys: You will be afraid someone might hear you.
Evitare di impegnarsi in un tour de force di sesso orale prima che l’effetto dell’anestesia sia definitivamente scomparso.
Mayday! Mayday!
Abbandonare i limiti e le resistenze
inalare ossigeno fino a ondeggiare
travolgere gambe scatole uniformi
e carrelli farciti di cortesie prezzolate
la sirena ulula e lampeggia
abbandonare la paura e i però
gettare paracadute vuoti
tenere gli occhi bene aperti
e lacrimanti stuprati dall’improvvisa libertà
il vuoto sbotta si scoperchia esplode e mi risucchia verso il volo
non valutare
non giudicare
buttarsi e salvarsi
almeno sentire
l’oblio del domani
la densità di adesso
sanguinare ora
fottersi ora
godere ora
la vita mi scopa in ogni connessione
tirandomi per i capelli
dicendo che sono la sua puttana
spinge spinge spinge
mi scopa la pelle
mi scopa dentro
ma
una parte di me rimane sempre incrostata sul fondo
un brandello di orgasmo di dolore
un pianto una risata
rinchiuso in una tagliola
un lembo di carne che aspetta di essere reciso
in bilico tra due dimensioni
come un palloncino schiaffeggiato e sospinto dall’aria
e la mano della bambina che lo stringe
Mayday! Mayday!
grido sbandierata
e
sporca strillo stringo strappo scoppio
rimanendo aggrappata all’acciaio
rischiando lo smembramento cognitivo/sentimentale
per il terrore di infrangermi nel vento.
“Come si chiama il frutto che nasce dall’incrocio tra un pompelmo e un mandarino?”
“Pompino“
E’ surreale, ma è successo davvero durante una cena di Natale, parlando di agrumi.
Ecco le mie bimbe tacco 12
Il mio orgasmo canta
sull’asfalto
sento il suo ritmo
vibrare tra le gambe
e rido sbandando
nel silenzio della velocità.
Sabato, alla Blogfest, ero talmente eccitata che mi sono dovuta scolare la bellezza di 3 Martini (2 rossi e 1 bianco) per riuscire a diluire l’adrenalina. Sarà stata la nomination come miglior blog erotico ai Macchianera Blog Awards, l’atmosfera effervescente e brulicante di blogger nonostante la pioggia, o forse i vari scombussolamenti dei miei ingranaggi cardio/cerebrali: fatto sta, che sono stati 2 giorni stupendi.
Prima di spiegarvi perchè, mi sembra doveroso ringraziare di cuore tutte le persone che mi hanno votata; tutti gli amici che hanno sostenuta e aiutata nel diffondere il verbo di questo blog dall’inizio dei tempi; tutte le persone – i miei genitori, sconosciuti, amici, amanti, amori ecc… – che mi hanno ispirata; e soprattutto, tutti voi che leggete, commentate e arricchite il mio blog (senza di voi, miei cari, temo che sarebbe tutto molto meno stimolante..e non è una leccata di culo: andate a leggere Pensieri senza mutandine). GRAZIE! ***
Detto questo, non ho vinto il premio (qui i risultati), ma molto di più.
- Ho (spero) definitivamente sconfitto l’immagine sfigata di me stessa, quella con cui mi sono scontrata per anni, quella che ho sempre cercato di accettare con l’accetta e mai con il cuore. Per la prima volta non mi sono sentita a disagio tra la gente. Per la prima volta mi sono riconosciuta davvero, socialmente e personalmente, come donna. Mi sono sentita come in “Il brutto anatroccolo II: la VENDETTA“, “La rivincita delle racchie” o in “Ugly Betty“.
- Mi sono sentita apprezzata, e anche un po’ desiderata. Sono riuscita a esprimermi, a comunicare, e anche a divertirmi. Vanità o consapevolezza?
- Sono riuscita a parlare del blog, della mia visione della sessualità e dell’erotismo, del motivo e dello scopo per cui scrivo di sesso, in ben 2 interviste (quando usciranno le posto) e con un po’ di altre persone. Parlare di ciò che si ama, non ha prezzo.
- Ho maneggiato con sapienza l’antico potere della vernice nera: la scarpa fetish tacco 12 (ci ho anche ballato per 2 ore buone!!!miracolooooo!) e la borsa a bauletto con tante tante zip hanno fatto faville.
- Ho avuto esperienze cardio/cerrebrali davvero orgasmiche, e non mi sono ancora ripresa.
Ora inizio a fare sul serio.
Immaginami mentre indosso solo
tacchi vertiginosi in vernice nera
o
una cravatta di seta
una sigaretta eretta da un bocchino lungo e docile tra le mie labbra
l’odore del sesso delirante
la febbre il profumo di una stella lontana
unghie laccate
labbra rosse
un cappello da uomo
la tua camicia
la tua saliva
il tuo sperma
il cazzo che non ho
la riga velata di un’autoreggente
collant lacerati da una strappo
un reggiseno di raso
una guepierre di pizzo
un frustino in agguato
una catena scintillante
un collare elegante
un foulard sugli occhi tremanti di attese
un nodo di funi strette come serpenti
un corsetto sospirante
ferro e lucchetti attorno ai miei polsi
un paio di occhiali maliziosi
un graffio crudo
perle di cera calda
le perle di una collana
la pelle nuda e la carne viva.
Spengo la sigaretta per smettere di pensare a ieri sera.
Tu non hai aspettato nemmeno che mi fossi allacciata la cintura di sicurezza, prima di dirmi con con un tono smorzato tra l’indulgenza e il comando: “Togliti le mutandine”.
E io senza aspettare che il semaforo diventasse verde ho alzato la gonna e loro sono fuggite, inciampando sulla mia pelle, cadendo ai miei piedi.
Tu hai infilato la mano sotto la stoffa tesa delle mie gambe aperte e stupite e hai iniziato a vagabondare leggero, come se a toccarmi fosse solo un pensiero, di desiderio e perversione.
E io ho lasciato che il mio collo si tendesse all’indietro, mentre i rossi, i versi e le luci della città si spingevano sotto i miei occhi come lettere di mille amanti sotto la porta di un vecchio motel.
Mentre cerchiamo il buio della città.
Dico: “Voglio che mi racconti tutto quello che vorresti farmi” e la cintura serpeggia tra le mie dita sfilandosi dalla fibbia.
Dico: “Hai pensato spesso a me per eccitarti?” e i bottoni dei jeans si sgranano come acini di uva matura.
Non dico più niente, e il palmo della mia mano bagnata scivola e si stringe sulla tua carne rovente.
Sento che il tuo respiro geme come i giri del motore.
Sento che gli sguardi che vengono dalla strada sanno di pioggia tra le mie gambe.
Sento che l’aria della periferia è più fresca e la mia fame è sempre più calda.
Ci fermiamo. Lontani dai fari e dalla prostituzione della città. Sicuri che la notte, qui, farà finta di niente per poterci spiare dal buco della serratura.
Ci baciamo. Le labbra braccano altre labbra, la pelle pretende altra pelle, cercando e provocando l’elettricità e i respiri della nostra carne. Abbasso il finestrino e mi metto carponi, immergendo il viso nell’odore del grano, e il mio sesso nudo lucido di eccitazione si protende e ti invita sfrontato a reclamare il suo raccolto.
Sento il vento fresco sulla faccia e la tua lingua e le tue dita che mietono le mie inibizioni.
Sento che è tutto lontano e che ti vorrei ancora più vicino e mi dimeno contro di te per spingerti a divorarmi ancora più vorace.
Sento la mia figa che grida endorfine e il mio orgasmo che scuote le spighe come un soffio di muta pace improvvisa.
Dico: “Ti voglio” e mi lecco le labbra.
Dico: “Ti voglio” e guardandoti sconcia succhio avida le tue dita che sanno di me.
Non dico più niente e faccio quello che hai desiderato per tutta la notte.
Mentre cercavamo il buio della città.
Io ho dedicato la mia bocca al tuo cazzo come la prima della classe, esaltata dal tuo godere.
E tu mi hai afferrata per i capelli e hai preteso ancor di più dalla mia gola lasciva.
Io ti ho lasciato a un istante dal perderti e ho baciato il tuo cazzo duro scivolando su di te con la mia figa bagnata.
E tu non mi hai lasciato neanche la ragione per capirlo, che siamo venuti insieme, e insieme a noi le nostre anime scopate dalla notte.
Accendo una sigaretta per iniziare a pensare a domani sera.
Per ME Scopare non è un verbo come tutti gli altri. Il Verbo Scopare è il mio amante prediletto da sbattere in tutte le sue coniugazioni nel letto della tastiera e dell’immaginazione.
Perchè Scopare non è solo un verbo, ma una possibilità di improvvisazione, un suono che sussurra tempesta tra le lenzuola. Mi piace dire “Scopami” con un filo di voce che ricama il desiderio sulla pelle, che dichiara una resa incondizionata e imprevedibile al piacere.
Scopare è il sangue, è la passione rapace dell’altro e del godere. E’ fame, è sfamarsi e nutrirsi di conoscenza, scopare è comprendere in se e abbracciare più dentro. Scopare è’ arraffare, è rubare un segreto per custodirlo in un posto sicuro, scopare è violare le voglie, scopare è rompere il silenzio con un gemito di piacere e con un grido d’aiuto. Scopare è evadere, scopare è un banchetto, scopare è un vomito. Scopare è dolore, è un furto, scopare è raccogliere qualcosa per terra è trovare un ricordo perso in una casa. Scopare è l’orgasmo della liberazione dallo spazio e dal tempo, scopare è leggerezza palpabile e pulsante come il cuore di una farfalla. Scopare è andare dietro le quinte, scopare è sbirciare con l’occhi stretti di curiosità, scopare è chiudere il sipario contro il mondo e chiudersi in se stessi. Scopare è minaccia, libido eccitata umida e calda di vapore funesto e di respiri di fiori ed erba appena tagliata. Scopare è tornare bambini, scopare è un gioco. Scopare è un delitto, un omicidio, uno stupro e una tortura. Scopare è un invasione di corpi alieni sperimentali e sperimentanti. Scopare è un problema, scopare è un’equazione, scopare è un’integrale. Scopare è il guerriero che piange della vita e il folle storpio che sorride alla morte. Scopare è un incontro e un addio. Scopare è un sorriso sudato e uno sguardo assente. E’ rabbia, orgoglio e forza, prevaricazione divaricata e potenza. Scopare è un terremoto un cataclisma un incendio un’eruzione devastante di emozioni percettiva. Scopare è il ritmo delle costellazioni, è il cadere di un muro che nasconde affreschi, è fragore di una diga che si scompone si sgretola si rompe cede e viene. Scopare è diventare l’acqua che scorre incessante e si trasforma e gocciola, scopare è un soffio di pioggia che lenisce lava e cura. E’ unione contatto attrito scintille. Scopare è arrivare alla carne cruda e viva dell’anima ed essere di nuovo vergini, scopare è santità e martirio. Scopare è dedizione scopare è imperativo scopare è in divenire. Scopare è masturbazione orgiastica, è copulare di copule e predicati, scopare è un battito di sillabe. Scopare è passato presente e futuro. Scopare è una macchia di luce densa in una pozzanghera. Scopare è plastilina è un urlo di sirene e uno squarcio di fantasia. Scopare è uno schiaffo un livido una cicatrice, scopare è un brivido di filo spinato lungo la schiena, scopare è un petalo una sfumatura una macchia di rossetto sbavato. Scopare è un arcobaleno con cui impastarsi la bocca. Scopare è tutti e sette i peccati capitali. Scopare si abbuffa, scopare sta sopra, scopare sta fermo, scopare non si concede, scopare brucia, scopare brama, scopare scopa.
Scopare è vivo.