Espugnare memorie
Dimenticati di me. Dimentica di avermi mai avuta, ogni mattina. Pensa di trovarti ogni mattina di fianco alla stessa estranea. Quel è il tuo nome? Dimmi, come ti chiami? Cancella ogni ricordo, svanisci. Eccoti, riappari. Davvero, il tuo nome non lo so, non l’ho mai saputo. Piacere mio. E il caffé, come lo prendi?
Espelli tutto quello che sai di me, espelli “me” dalla tua vita, ogni mattina, come se fossi una scoria. E poi mangiami ancora, strappando bocconi con le mani, portandole alla bocca, come se fossi un nutrimento.
Andiamo, non può essere così difficile. Dimenticare che mi hai già avuta, già saggiata in ogni piega della pelle, in ogni carnosità pulsante. Era tutta un’illusione, ricordi? Non hai mai addentato questa polpa, e io non ti ho mai, davvero, parlato. Non sai niente di me, niente di come penso, sento o parlo. Niente di come la sera scaldo i piedi sul calorifero, davanti alla finestra, fumando l’ultima sigaretta. Tu non mi hai mai vista pisciare, né piangere, né lavarmi i denti con la schiuma che cola… e cola. Colava, ieri sera? No, tu non mi hai mai – non ancora, spogliata, vinta, arresa – vista davvero. Ci conosciamo solo adesso. Ci sorridiamo per la prima volta, perplessi. E ci chiediamo come siamo arrivati fino a qui, cercando di ricostruire dalle lische il pesce che abbiamo mangiato, ubriachi. E ci chiediamo se tutto questo ci piace, e scopriamo che ci piace, che il caffè lo prendi dolcedolce, che io amo essere presa all’improvviso dal sorriso, da un’idea audace, da un attacco di riso. Che a volte mi prende una certa malinconia, di ritorno da un viaggio nel tempo, e che a te piace prendere l’iniziativa e l’ozio. Scoprire che ci piace questo tepore, che ci piace questa elettricità che precede il contatto, che ci piace non sapere niente, di niente di niente di niente. Tutto, è solo il preludio della conquista che ci legherà di nuovo al letto, quando calerà il sole – presto, molto presto. Tutto ci porterà di nuovo a questa amnesia amniotica e poi di nuovo al respiro. Bruciante.
Cosa potrebbe essere, mi chiedo, questa cosa – questa pasta – informe e grumosa che mi si gonfia nel petto, quando ti vedo muoverti, muoverti verso di me?
Non lo so, non lo so più. Ancora. Non lo so, ancora.
Oh, ti prego, non fare lo sciocco razionale. Non sarà così, non per noi. Non dobbiamo farci l’abitudine. Dimentica, ti prego, dimentica la mimica del mio godere e la mia ansia quando no so cosa cucinare per cena. Dimentica tutto quello che hai imparato della sindrome premestruale e delle mie cosce, delle mie fantasie sussurrate a tranci tra i gemiti e le sincopi, dimentica i miei capelli tinti. Chiediti se sono naturali. Chiediti se tutto questo è vero, chiediti: da che parte del sogno siamo?
E ogni giorno, quando ci sveglieremo in questa casa in cui non abbiamo mai abitato, in questo letto che non abbiamo mai sfatto, potremo viverci, espugnando questa memoria, ricostruendo pezzo dopo pezzo il nostro amore. Ricomponendo ogni giorno, con tutti gli ingredienti – amido, acqua, sudore, saliva, fiati, umori – la colla che ci tiene insieme.
Dopo questo sfogo, ti posso dire solo una cosa:
buona fortuna.
Scrivi presto un altro post.
E dire che uno sfogo non voleva essere, ma una riflessione sul tema “conquistarsi tutti i giorni vuol dire…” evidentemente però è così… lampante l’emotività.
Abbiamo attraversato tante prove e tante sfide, senza mai perderci d’animo né smettere di sostenerci. Come dire: adesso sono un po’ stanca (egoisticamente, anche) di sudare. Vorrei solo poter trovare quella spensieratezza, quell’annullare il resto del mondo e crearne uno più pulito, meno fangoso… come la prima volta, perché sia sempre così ASSOLUTO, come la prima volta.
So*
Grandioso.
So*
ho pianto.
brava!
Grazie infinite
So*