Senza scampo – parte XV
Riapro gli occhi e vedo Destiny sopra di me, in mezzo al cielo terso, con il suo cappello a falda larga e gli occhiali neri. Impugna la pala, respira forte e si asciuga la fronte con un angolo di sottoveste, lasciandomi vedere la pelle della sua pancia tonda e nuda per la prima e l’ultima volta. Scompare per un attimo, poi riappare a tratti, attraverso i piccoli soffi di terra che iniziano a ricoprire il mio corpo. Questo sciabordio di polvere e cenere mi sembra quasi una benedizione, l’unica via di scampo, l’unica via di uscita da una vita di errori eternamente reiterati. Non cerco più di scappare, non urlo, non mi dimeno. Giusto per essere coerente fino in fondo, non smetto di sorridere e penso a quando riemergerò da questa mia fagocitazione, da questo mio sprofondare nella merda delle mie viscere e chiudo gli occhi, cercando di andare oltre la mia paura di finire qui e oltre il mio futuro di decomposizione, di re-immissione nel circolo naturale sotto forma di cibo per verbi. Sento la leggerezza la terra che mi riempie la bocca, il naso, i polmoni. Sento il ruvido della terra che rende i miei occhi ciechi, che infetta le mie ferite e mi graffia la pelle. Sento il peso della terra che mi schiaccia il costato, sento il rumore della pala diventare ovattata e sempre più lontana da me. Ma io aspetto paziente nella mia scatola nera, pronto a registrare gli ultimi battiti, perché, come ha detto Destiny, è il risultato di una legge fisica incontestabile.